Era la mia terza gravidanza, a causa dei problemi nelle precedenti gravidanze sono stata messa in maternità anticipata, ma il mio bambino era comunque sanissimo, grande e arzillo. Dopo svariati ricoveri per contrazioni e il rischio di parto prematuro, alla 36esima settimana lui si gira podalico, perciò il medico mi disse che da li a una settimana mi voleva vedere perché in caso non si fosse girato avremmo programmato il cesareo. Io che avevo già avuto due parti naturali non volevo saperne di fare un cesareo, ero terrorizzata all’idea, perciò provavo tutte le posizioni possibili che avevo scoperto in vari gruppi di mamme, per provare a farlo girare. E cosi fu, il mio piccolo si giro, e io felicissima di aver scampato la programmazione del cesareo mi rasserenai. Che sfiga, era diventato quasi una diagnosi per spiegare cosa fosse successo! Quella mattina mi sono svegliata normale, sono stata bene tutto il giorno, tranne che nel pomeriggio mi trovavo sola a casa e ad un certo punto ho avvertito una vampata di tristezza indescrivibile e alquanto anonima. Non avevo idea del perché quello stato d’animo mi avesse pervasa cosi profondamente per cosi poco tempo. Verso le 19 ricordo che iniziai a sentire dei dolorino lievi, ed essendo lui il terzo figlio, chiamai per venire a prendere le mie bambine. Ricordo che volevo addirittura farmi una doccia prima, ed un amica mi disse ; “ma quale doccia, corri in ospedale che è i tuo terzo bambino, ed al secondo parto è tanto se non l‘hai avuta starnutendo.” Cosi feci! Mi preparai senza docciarmi ed emozionata e dolorante andai con il mio compagno verso l’ospedale. Ricordo che nel tragitto mentre aumentavano i dolori ascoltammo una canzone che adoravo “la canzone nostra” di Salmo e Blanco, e la cantavo felice e dolorante. Ora se la sento piango. Immaginate uno scenario in pieno covid, perciò all’entrata dello stabile c’era un triage di controllo, appena arrivati dissi che ero di 38 settimane, che ero stata ricoverata qualche settimana prima e che probabilmente ero entrata in travaglio… Erano le 20:00 circa o poco più In due minuti nemmeno l’ostetrica al triage chiamo su in reparto per avvisare del mio arrivo, ma il tempo di chiudere e dirmi che potevo salire e l’oblio arrivò… Sono svenuta in modo molto consapevole e doloroso, iper ventilavo, provavo panico, finche non svenni del tutto e il mio compagno mi disse che ho avuto anche delle convulsioni. Da quel momento in poi ricordo solo a frammenti… Mi svegliai appena arrivata in sala visite, mi misero sulla poltrona, e in quel momento ero vigile, ma improvvisamente notai un panico generale e vedevo la ginecologa che non capiva cosa stesse guardando nell’ecografia, improvvisamente mi sento sudare tutta la faccia, sento loro che dicono, chiamate sala operatoria e due infermiere che provano a cercarmi il battito una in ogni polso, si il mio battito. C’erano due battiti opposti, uno che andava veloce come la luce, e uno che si spegneva lentamente, ed era il mio battito che mentre sudavo grondante dal viso lo sentivo lasciarmi lentamente un battito dietro l’altro. È terribile sentire che la tua vita si sta spegnendo, e io quel momento l’ho vissuto in modo concreto e assoluto. Mi risvegliai improvvisamente in sala operatoria, non capivo dove fossi ne perché fossi la, mi stavano effettuando un’anestesia spinale, e la ho provato paura per le mie bambine, in quel momento di totale ignoranza sulla situazione in cui ci trovassimo io e il mio bambino, ho provato paura per le mie figlie. Iniziarono immediatamente il taglio, che è stato veloce e anche enorme, perché mi hanno tolto il mio bambino da dentro a quattro mani contemporaneamente, il loro intento principale era salvarmi la vita, perché la sua era già in dubbio. Ho sentito un grande vuoto nel momento in cui lo hanno levato, e un grande silenzio, perché ci sono stati tanti momenti in cui io sparivo, svenivo, non respiravo nuovamente e me ne andavo, perciò mi fecero trasfusioni di sangue e mi diedero ossigeno per farmi riprendere. Dopo un tempo infinito in cui nessuno diceva nulla e io trattenevo il fiato anche quando mi tornava per via del panico, mi passa affianco l’incubatrice con il mio bambino, e la neonatologia che mi disse; “Signora dobbiamo portarlo via subito perché è gravissimo.” In quel momento scoppiai a piangere. Solo dopo un infinita di tempo in cui mi ripulivano e cucivano mi spiegarono che ci stavano mettendo tanto perché dovevano pulirmi da tutto il sangue che avevo dentro, perché avevo avuto un emorragia, e più precisamente un emorragia occulta, che non da nessun sintomo ne avvisaglia, e che dalla quantità di sangue che avevo mi stavo dissanguando dalla mattina. Perciò quello che avevo avuto al triate non era stato uno svenimento ma ero in shock emorragico. Vi risparmio la parte in cui in tutto ciò il mio compagno non sapeva cosa stasse succedendo perché era stato lasciato fuori dall’ospedale a causa delle restrizioni, e dopo che la neonatologa è scesa ad avvisarlo ha fatto i salti mortali per entrare. Sono successe tante cose dopo il cesareo ma la parte importante è che la mattina intorno alle 4 di mattina se non ricordo male, la neonatologa venne da me per parlarmi di lui, del mio piccolo. Mi disse che è stato rianimato per ben 12 minuti, con adrenalina e altri metodi, che la mancanza di flussi e ossigeno aveva causato una compromissione totale delle sue funzioni vitali e che aveva le convulsioni ed era estremamente critico. Lui è nato la sera del 7 marzo, perciò io mi sarei dovuta alzare la mattina del nove marzo ma non ho sentito ragioni. Il mattina successiva ho trovato le forze e sono andata a vederlo, posso dire che non sono mai stata cosi spaventata in tutta la mia vita, cosi disperata e vulnerabile. Cercherò di essere breve il più che posso da qua in poi. Era gravissimo, era stato intubato e ogni secondo per lui era una vittoria, e dopo quei primi giorni in cui ti senti perso, spaventato e disorientato, ci abituammo alla situazione, iniziammo a convivere con la paura costante di perderlo e con la consapevolezza che da un momento all’altro sarebbe successo. Ammetto che ho sperato che si arrendesse, perché il suo quadro clinico non aveva nemmeno un punto positivo, e non volevo che il mio bambino soffrisse. Ma lui si dimostro un vero leone, dopo svariati tentativi di disintubarlo che sono andati falliti, gli è stato effettuato un intervento di tracheostomia, mi si spezza il cuore nel ricordare il suo aspetto dopo l’intervento, anemico. Lui prima di un certo tot di mesi non ha mai aperto gli occhi, non ha mai fatto un movimento del corpo, finche un giorno ha fatto un leggero movimento con la schiena, dopo di che ha iniziato a muovere le manine, soltanto leggeri movimenti delle dita, e un giorno improvvisamente apri gli occhi. Ma gli occhi non li sbatteva, perciò aveva sempre tante infezioni e andava sempre lubrificato, per aiutarlo abbiamo trovato un modo per tenerglieli chiusi la notte con una benda. Poi un giorno dopo tanti mesi ha imparato a chiuderli quando dormiva. Veniva nutrito da un sondino nasogastrico, finche gli è stato fatto l’intervento per applicargli la PEG, mi aspettavano sempre per poterlo nutrire io. Il mio piccolo bambino in conclusione è nato tetraplegico, con un gravissimo danno cerebrale che prendeva quasi tutte le aree del suo cervello, con un ipertono muscolare quasi totale che lo portava ad avere gli arti rigidi, dalla quale provava tanto dolore, che manifestava attraverso il suo battito cardiaco. È stato il lottatore più forte che abbia mai conosciuto, e nei suoi 8 mesi di vita una mattina ha deciso di essere libero. Adesso non mi resta che abbracciare il dolore, per poterlo processare in ogni sua fase, che è tanto difficile ma necessario. Ho tanto da raccontare per poter essere d’aiuto ad altre mamme, il processo ospedaliero è stato complesso e ci sono stati altri aspetti che non ho inserito per non dilungarmi che riguardano la sanità e le dinamiche burocratiche per un ricovero a domicilio.