Intervista a Marianna Zanetta, Autrice del libro “Bambini d’acqua”, Franco Angeli sui rituali per il lutto perinatale nel Giappone contemporaneo.
-Marianna grazie per averci concesso questa intervista. Ti invito a presentarti e dirci dove nasce la tua passione per il Giappone.
Sono Dottore di ricerca in Antropologia Religiosa e Studi sull’Estremo Oriente. Ho ottenuto il dottorato in co-tutela, tra Torino e Parigi, e ho iniziato a studiare la tematica nel 2008, con il mio primo viaggio in Giappone. Ho portato avanti il mio campo dal 2012 al 2017, e sono tornata continuativamente in Giappone fino all’inizio della pandemia nel 2020.
La mia passione per il paese nasce con la cultura pop degli anni Ottanta, e con l’amore per l’illustrazione. Lentamente, ho preso confidenza con altri aspetti della cultura.
-Marianna cosa sono e dove ha origine il termine “Bambini d’acqua”, titolo del libro del quale sei autrice. Ci puoi spiegare anche il termine Giapponese (Mizuko).
Il termine “bambini d’acqua” è la traduzione letterale del termine giapponese Mizuko, che si riferisce alle anime dei feti. Comprende aborti medicali e spontanei, e in parte anche le anime dei bambini morti nei primi giorni dopo il parto.
Come molte pratiche popolari, l’origine del termine non è certa, e il suo stesso riferimento all’acqua non è chiarissimo. Può fare riferimento al liquido amniotico, o al legame con alcune fonti mitologiche dell’epoca Nara. Le pratiche legate a queste anime sono variegate e hanno subito diverse trasformazioni nel corso dei Secoli, è quindi complesso restituire in poche righe un’immagine esaustiva del panorama.
-Il tuo libro "Bambini d’Acqua": il significato.
L’analisi di una realtà così lontana come quella giapponese vuole provare ad affrontare la problematica dell’aborto da un’angolazione diversa. L’intento è dimostrare che esiste un modo di rapportarsi al problema che non è solo quello di una negazione del diritto o del lutto; al contrario, partendo dall’assunto che il diritto all’aborto è irrinunciabile, si cercano soluzioni, modalità di mediazione del dolore che permettano alle donne e alle famiglie di affrontare la realtà della loro sofferenza senza essere costrette a rinnegarla o nasconderla.
-Cultura giapponese sul lutto perinatale, puoi fare un accenno ai rituali e ai templi
Nella pratica contemporanea, i mizuko kuyō si articolano in diverse attività cultuali, a seconda delle dimensioni, dei tipi e dei costi del rito prescelto.
Un primo genere di riti è quello gestito dalle donne della comunità locale, spesso organizzate in associazioni informali dedicate a Jizō.
Si tratta di una sorta di cura perpetua rivolta ad una statua collocata agli incroci o sul ciglio della strada: si posano dei fiori di fronte alla statua, la si lava di tanto in tanto, e si accende qualche bastoncino di incenso.
Questi piccoli altari di Jizō, la cui protezione si rivolge tanto ai bambini morti in tenera età quanto ai bambini abortiti, sono spesso il più vicino possibile alle diverse comunità locali.
Ad un secondo livello, possiamo individuare i riti che hanno il loro fulcro nell'altare domestico, dove i mizuko vengono venerati insieme agli altri antenati della famiglia.
In questo caso non vengono individuate nette distinzioni tra le due categorie di spiriti, e il mizuko viene ricordato e omaggiato insieme agli altri antenati sul butsudan.
Passando ad un livello di maggior complessità, e uscendo in qualche modo dalla dimensione privata e domestica, si collocano altre attività rituali; tra i più diffusi troviamo la commissione di una statua ad immagine di Jizō, e la sua collocazione rituale all'interno di uno degli ormai numerosi cimiteri adibiti al culto dei mizuko.
All'interno dei grandi templi buddhisti tradizionali, i rituali per i mizuko hanno trovato la loro propria dimensione. In particolare, in molti luoghi di culto, si può trovare una grande statua di Jizō, o anche un gruppo di sei statue più piccole, con un bavaglino rosso.
È qui che i genitori che hanno vissuto un aborto possono eseguire dei semplici riti di commemorazione; si inchinano profondamente, osservando un rispettoso silenzio, accendono qualche candela e recitano brevi preghiere. Questi rituali sono legati all’elaborazione del lutto e alla commemorazione dei defunti, per certi versi è affine al culto degli antenati ed è inserito nelle pratiche religiose specifiche del contesto giapponese. Rimane un rituale eseguito da una minoranza della popolazione, che quindi non si inscrive nella regolarità delle pratiche.
-Aborto volontario in Giappone, qual è la situazione oggi a livello legislativo. Qual è il sentire della politica e della popolazione in merito?
In Giappone, l’aborto è un diritto legalizzato alla fine del conflitto, negli anni Quaranta. Non è mai stato messo in discussione e per decenni è stato il primo metodo di pianificazione familiare e contraccezione. Non c’è dibattito sulla liceità o meno dell’aborto.
Marianna Zanetta, Antropologa e Autrice
www.mariannazanetta.com